Partire è un po' morire, almeno così dice chi si è affezionato al posto da cui parte. A volte è invece un girare pagina, con tanto entusiasmo e poca voglia di tornare. Tuttavia, è un po' nella natura umana, talora si è costretti a guardarsi indietro. Così, per chi scrive, a volte occorre sfrondare l'esistente, e tenere man mano solo le pagine piuttosto che tutto il giornale, perché non c'è spazio e gli articoli crescono di giorno in giorno. Ho deciso di raccogliere qui quelli scritti per varie riviste online e blog, magari alcuni persino chiusi o abbandonati, aggiungendo qualche pezzo cui ero particolarmente affezionato, benché pubblicato su cartaceo. Anche sugli argomenti mi sono limitato a tre, i preferiti, del resto: eros, arte e natura.

lunedì 25 agosto 2014

L'utopia della bellezza



Londra, settembre 1848, al numero 83 di Gower Street 7 ragazzi tra i 16 e i 20 anni fondano la Confraternita Preraffaelita (PRB). In reazione alla ormai stanca arte accademica occorreva un moderno ritorno al passato, precedente al tradimento di Raffaello che dalla Trasfigurazione in poi preferì la bellezza alla verità. Occorreva un'arte che recuperasse l'antica etica del lavoro artistico, pur tenendo conto delle scienze nuove; tra queste la fotografia, regina assoluta del verismo. Un precedente analogo c'era stato nei Nazareni, detti anche Fratelli di Isidoro o Dureristi (da Dürer), comune di 4 artisti tedeschi attivi a Roma dal 1810 ma che lasciò tracce per pochi eletti, forse per mancanza di pubblicità. Con una rivista propria invece, the Germ, e soprattutto un amico-estimatore tra i critici, John Ruskin, i Preraffaeliti decollano codificando di fatto un linguaggio estetico molto influente. Un esempio? L'originaria Alice di Lewis Carroll, che da mora con frangetta alla Crepax diverrà ben presto boccolosa alla Disney seguendo il canone della Confraternita. Tra gli esponenti della prima generazione spiccano Dante Gabrile Rossetti, il quale erediterà oltre al nome anche la venerazione per l'Alighieri dal padre, geniale critico dantesco che identifica il Veltro dell'Inferno con l'anagramma di LVTERO. Fu più arcaico e austero nella pittura rispetto ai compagni, talora con reminiscenze  fiamminghe o dell'amato William Blake, come nel caso dello splendido Ecce ancilla domini del 1850. Più morbido Millais, il cui capolavoro Ofelia è tra i manifesti del movimento: eco rinascimentali e romantiche della letteratura inglese (Chaucer, Tennyson, Shakespeare, Keats...) e una cura maniacale del dettaglio. Nella cornice simbolista dei fiori dipinti con sorprendente realismo Ofelia è la modella Elizabeth Lizzy Siddal, bellezza decadente che fu musa e moglie anche di Rossetti, morta per overdose di laudano nel 1862. Un aneddoto riguardo al quadro vuole che il pittore la tenne per ore a posare nella vasca da bagno fino a farla divenire quasi blu, un altro sulla sua morte che le chiome della fanciulla continuassero a crescere anche nella sua tomba. Dettagli dicevamo, come i capelli e le decorazioni de La Dama Shalott di Holman Hunt, costate al pittore 3 anni di lavoro, e che insieme a Burne Jones  anticipano l'Art Nouveau, il Liberty, il compianto Aubrey Beardsley e Bonnie Maclean. Una summa del movimento, sia nello stile che nei soggetti, si nota nel (poco) più tardo Waterhouse, fluido ed etereo nel tratto e cui è affidato il testamento della PRB.

da Golf for Passion, n° 61, agosto 2014
























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